La notizia dei 51 licenziamenti presso la Orobica Cicli, azienda attiva da oltre 40 anni, non è solo un duro colpo per le famiglie dei lavoratori coinvolti e della proprietà, ma un segnale preoccupante per l’intero tessuto produttivo del nostro Paese. Questo evento ci ricorda quanto sia fragile il tessuto delle aziende a conduzione familiare (il 65% delle imprese italiane è di tipo familiare) di fronte alle dinamiche della globalizzazione e della concentrazione della distribuzione commerciale.
La globalizzazione selvaggia: un’arma a doppio taglio
La globalizzazione, se da un lato ha aperto nuovi mercati e opportunità, dall’altro ha esposto le nostre imprese a una concorrenza spietata, troppo spesso sleale. Le grandi multinazionali della distribuzione, forti di economie di scala e di catene produttive delocalizzate in Paesi a basso costo del lavoro, possono praticare prezzi insostenibili (leggasi dumping) per le realtà italiane, soprattutto per quelle a conduzione familiare come l’Orobica Cicli.
La concentrazione commerciale: un rischio per la diversità
La concentrazione commerciale, ovvero la tendenza di poche grandi aziende a dominare il mercato, è un altro fenomeno sempre più preoccupante. Quando un settore è controllato da pochi attori, questi hanno un enorme potere contrattuale nei confronti dei fornitori, come l’OroBica, e possono imporre condizioni insostenibili. Inoltre, la concentrazione commerciale soffoca la diversità e l’innovazione, elementi fondamentali per la vitalità di un’economia.
Il saper fare italiano: un patrimonio da difendere
L’Italia vanta una tradizione manifatturiera unica al mondo, un ecosistema naturale di “saper fare” che è frutto di secoli di esperienza e di passione. Questo patrimonio non può essere sacrificato sull’altare della globalizzazione, della standardizzazione e del prezzo più basso a tutti i costi (sociali soprattutto). Dobbiamo proteggere le nostre imprese, valorizzare i nostri prodotti, capire se il vero interesse del consumatore sia quello di avere beni a prezzi bassi oppure prospettive di crescita diffusa dei redditi rafforzando l’economia interna, oltre a difendere il Made in Italy nel mondo.
Un’alternativa è possibile
Non siamo condannati a subire passivamente le dinamiche della globalizzazione. Possiamo scegliere un’altra strada, una strada che metta al centro l’uomo, il lavoro e lo sviluppo diffuso del territorio. Possiamo sostenere le piccole e medie imprese, promuovere la produzione locale, incentivare l’innovazione e la formazione professionale. Possiamo costruire un’economia più giusta, più sostenibile e più resiliente. Un’economia a misura d’uomo.
Il ruolo della politica
La politica ha avuto un ruolo determinante nello scrivere le regole del gioco. Devono essere create le condizioni affinché le imprese italiane possano competere ad armi pari sul mercato interno, tutelando il lavoro qualificato e promuovendo la formazione professionale. Deve inoltre contrastare e prevenire il fenomeno della concentrazione commerciale in capo a pochi attori (che spesso delocalizzano non solo la produzione ma anche le tasse, drenando quantità ingenti di ricchezza ai paesi) e favorire la nascita di nuove imprese.
Il caso OroBica Cicli ci ricorda che non possiamo abbassare la guardia. Dobbiamo agire ora per proteggere il nostro tessuto produttivo e garantire un futuro prospero e di lavoro alle nuove generazioni.
Paolo Inselvini